Questo è il numero #1 di Catenacciolimpico, lo spin-off di Catenaccio dedicato a Paris 2024.
Ci siamo! Il Festival della Cultura Sportiva di Sportellate torna per una terza edizione!
📍Rimini | 📅 5-6-7-8 settembre 2024
Venerdi 6 ore 19: ITALIANS (di sana e robusta Costituzione):
Incontro con Mauro Berruto, ex CT della nazionale di pallavolo, deputato e promotore della riforma dell’art. 33 della Costituzione - insieme ad Andrea Schiavon di Tuttosport - per discutere di sport, riforme costituzionali e leggi sulla cittadinanza.
Venerdi 6 ore 19: CULTURA E TIFO: UN OSSIMORO?
Con lo stand up comedian Luca Ravenna insieme a Martina Quaranta, giornalista Sky Sport, per parlare di odio come fede, di tifo sportivo e di come sia possibile coniugare tutto ciò con la cultura sportivo.
Sabato 7 ore 19: CRITICA DELLA RAGIONE SPORTIVA
Il giornalista di Sky Sport Flavio Tranquillo dialogherà con il filosofo Simone Regazzoni, autore del libro “La palestra di Platone”. Modera Andrea Giachi di Sportellate.
Sabato 8 ore 20: GIOCO COME SONO
Gigi Datome dialoga con Giacomo Sintini e Andrea Giachi. “Gianni Petrucci, Presidente della Federazione Italiana Pallacanestro, ha recentemente dichiarato “Gli atleti quando arrivano in albergo fanno subito a gara per avere la chiave della stanza. Un giorno rimasi impressionato da Gigi Datome. Eravamo appena arrivati in hotel e invece di andare a prendere la chiave è andato in biblioteca a prendersi un libro. In quel momento ho detto: non è come gli altri”.
📲 Trovate i biglietti per gli eventi al Cinema Fulgor di Rimini di venerdì 6 settembre e sabato 7 settembre su CiaoTickets o seguendo il link qui sotto. Acquistandoli avrete accesso a tutti gli speech della singola serata, mentre potrete accedere gratuitamente a tutti gli altri eventi previsti giovedì 5 e domenica 8.
🔜 Comprate i vostri biglietti e continuate a seguirci! Abbiamo ancora tante cose da raccontarvi e un festival indimenticabile da vivere insieme.
Come al solito, ricordatevi che potete scriverci per fare domande a Matteo, per insultarci, farci i complimenti, criticarci o qualsiasi altra cosa vogliate comunicare a catenaccio.sportellate@gmail.com o su tutti i canali social di sportellate.it
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LE OLIMPIADI DA TURISTA
Considerazioni sparse sui Giochi vissuti dal vivo, di Lorenzo Lari
Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono tanto scenografiche quanto ben organizzate. Tutto il resto è noia (o propaganda).
Bastano tre notti nella Ville Lumière per poter constatare, con certezza e cognizione di causa, che queste Olimpiadi siano un evento epocale, un nuovo metro di paragone, per magnificenza e organizzazione. Da un punto di vista squisitamente turistico (dei problemi del villaggio olimpico è giusto che parlino gli atleti che lo vivono e lo conosco molto meglio di noi) Parigi sta sfruttando questi giochi Olimpici come meglio non poteva fare, regalando agli occhi del visitatore appassionato di sport istantanee indelebili, massima efficienza, linearità e tranquillità;
Sulle istantanee e sui ricordi indelebili che ogni tifoso e sportivo porterà con sé nel viaggio di ritorno verso casa, ci sarebbe così tanto da dire che si fa prima a lasciare spazio all’immaginazione. Le arene, gli stadi e più in generale tutte le locations in cui si stanno svolgendo gare - ma anche gli spazi in cui il pubblico ha la possibilità di fruire gratuitamente degli eventi sui maxischermi - hanno una bellezza, una mistica e un fascino indescrvibili. La scherma al Grand Palais; il nuoto alla Défense Arena; il tennis a Roland Garros; la salita finale di Montmartre nel ciclismo su strada; per non parlare del Torre Eiffel Stadium - capace di regalare agli appassionati di Beach Volley il campo su sabbia più instagrammabile della storia - o della reggia di Versailles scelta come palcoscenico per le gare di equitazione. Non solo estetica però. I palazzetti sono quasi sempre tutti esauriti, l’atmosfera che si respira all’interno è caldissima e spostarsi tra di essi a piedi o con i mezzi pubblici è straordinariamente semplice;
Passiamo a quelle che, per il sottoscritto, sono state le note più sorprendentemente positive. Dopotutto, una Parigi splendente, tirata a lucido, rassettata in ogni suo angolo, era lecito aspettarsela. Tuttavia, era meno scontato aspettarsi una logistica urbana e un’organizzazione a questo livello di perfezione. Con 15,3 milioni di turisti stimati in città per godersi i Giochi, era lecito aspettarsi lunghe code, resse ansiogene (ricorderete la finale di Champions League 2022 giocata allo Stade de France) e altri fastidi, specialmente alle fermate della metro o degli autobus. Ebbene, nulla di tutto ciò. Mai fatto una fila, mai stato in attesa di metro o taxi per più di 5 minuti, mai avuto alcuna sensazione di soffocamento. La rete metropolitana è di un’efficienza spaventosa e i volontari hanno aiutato enormemente nella gestione dei flussi di persone. Promossa anche la scelta di eliminare qualsiasi forma di biglietteria cartacea a vantaggio degli acquisti online. Anche all’interno degli stadi, seppure quasi sempre completamente pieni, dirigersi al bar per mangiare un più che onesto croque-monsieur o andare alla toilette è facile e veloce. Tutto talmente perfetto ed all’apparenza scontato, che sorge spontaneo chiedersi se forse siamo noi quelli abituati male. Comunque, a prescindere, chapeau!;
Anche dal punto di vista della sicurezza sono state prese misure straordinarie, magari alcune volte spiacevoli per i residenti ma senza dubbio necessarie a fronte dell’enormità dell’evento. Chiunque abbia girato Parigi in questi giorni avrà notato la quantità spropositata di forze dell’ordine e militari armati per strada. Superflue le critiche lette in giro riguardo le tante aree transennate che spesso dividono la carreggiata dai marciapiedi o che costringono le persone a fare volte percorsi più lunghi del previsto, che a volte ci sembrano insensati. Nonostante tutto ciò, non si ha mai la sensazione di sentirsi in gabbia;
Tutto rose e fiori quindi? Nessuna critica possibile? Chiaramente la risposta è no, la perfezione non è di questo mondo. Impossibile che un evento di queste proporzioni sia esente da errori, problemi, fastidi ed esternalità negative. La scelta di gareggiare nella Senna le gare di triathlon e di nuoto di fondo, senza nemmeno prevedere un concreto piano B in caso di problemi, è già stato commentato abbondantemente. La volontà di restituire alla città un fiume balneabile, un lascito a lungo termine per i cittadini e per l’ecosistema di Parigi, è un grande proposito. Risulta altrettanto evidente, però, che il rischio preso sia stato enorme mettendo a rischio la salute degli atleti. Sicuramente altri scivoloni sono all’orizzonte, ma il giudizio generale per la maggior parte dei visitatori che hanno vissuto l’esperienza olimpica in loco non può che rimanere positivo. La Francia ha voluto fare le cose in grande e ci è riuscita. Punto.
Concedetemi in chiusura, una riflessione sui prezzi e rincari. I prezzi nella capitale francese, già una delle città più costose del continente, in queste settimane si sono particolarmente gonfiati e in alcune situazioni specifiche tendenti al folle. Sia la ristorazione (dentro e fuori dalle arene adibite agli eventi), sia i biglietti, sia gli alloggi, sia i trasporti, hanno raggiunto costi difficilmente abbordabili, ma ahinoi è normale imbattersi in rincari spesso studiati appositamente per sfruttare la parentesi olimpica. Credo sia normale per pubblici e privati voler trarre il meglio da un’occasione del genere, a maggior ragione a fronte di una spesa statale di circa sei miliardi di euro. Credo anche che chiunque sia atterrato o atterrerà a Parigi tra il 26 luglio e l’11 agosto sia perfettamente consapevole di ciò che lo aspetta e quindi poco turbato dalla cosa. Ciò non toglie però, che la tendenza ormai ben radicata nel rendere l’evento sportivo sempre più inaccessibile e l’esperienza riservata sempre più a pochi eletti, mi faccia un po’ paura. Soprattutto in ottica futura. Qualcuno ha detto Olimpiadi 2036 a Doha? Ops, non volevo.
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I numeri organizzativi di Parigi 2024
45000 - Il numero record di volontari, provenienti da tutta la Francia, che hanno prestato servizio ai Giochi Olimpici di Parigi 2024. Requisiti: parlare fluentemente francese e/o inglese ed essere disponibile per almeno dieci giorni durante le olimpiadi o i Giochi Paralimpici. Compiti? I più svariati: dal controllo dei biglietti e smistamento spettatori, dai drivers ai medici e infermieri fino agli impegni nelle arene sportive a contatto con gli atleti.
245,6 - I chilometri della rete metropolitana di Parigi. Inaugurata nel 1900, oggi conta sedici linee e 320 stazioni che permettono di raggiungere praticamente ogni angolo della città, anche ben fuori dall’anello del boulevard périphérique. Proprio in occasione dei Giochi Olimpici, le linee 11 e 14. Due linee, la 1 e la 14, sono completamente automatizzate.
100’000 - I biglietti venduti per la più partecipata, innovativa e controversa cerimonia di apertura di sempre. Gli organizzatori di Parigi 2024 hanno voluto rivoluzionare il concetto urbanistico dei Giochi Olimpici “tirando fuori lo sport dagli stadi” e hanno cominciato dalla cerimonia, svoltasi in maniera itinerante lungo sei chilometri della Senna. Successo o fallimento? Non avevamo mai sentito discutere così a lungo di una cerimonia d’apertura, quindi la risposta è scontata.
9,7 - Milioni di biglietti per gli eventi sportivi venduti finora e ce ne sono ancora molti in vendita. I biglietti sono divisi in sei categorie di prezzo: FIRST, che comprende posti speciali con box e catering privato; A, B C, D ed E. Il prezzo varia a seconda delle discipline, ma al momento varia dai 24€ della categoria D della canoa slalom o dell’offerta speciale per la pallamano, ai 1600€ della categoria A per la cerimonia di chiusura.
8876 - Gli alberi che saranno piantati sul sito del villaggio olimpico e paralimpico di Seine-Saint-Denis, che sarà trasformato in un innovativo quartiere cittadino con sei ettari di spazi verdi, tra cui un parco pubblico, e aree piantumate dedicate ai pedoni e alla mobilità dolce. Utilizzo di materiali di origine biologica, energia geotermica e pannelli solari, architettura che favorisce la circolazione dell'aria, accessibilità degli alloggi per le persone a mobilità ridotta e molto altro per cambiare per sempre un’area famosa per le sue citèes.
Piccola storia olimpica
Un evento o un personaggio forse piccolo e poco conosciuto ma di grande significato, raccontato da Andrea Ebana.
Gabriella Andersen Schiess, a tutti i costi.
Los Angeles, 12 agosto 1984.
Cinquanta atlete, provenienti da 28 nazioni, corrono la maratona olimpica. Il gruppo percorre i 42,195 chilometri della gara simbolo dell’Olimpiade nelle condizioni più difficili: il sole californiano, in piena estate, batte così forte da sciogliere l’asfalto, e le regole (poi modificate) prevedono solo cinque soste per l’idratazione, senza alcuna deroga.
Gabriela Andersen-Schiess viene dalla Svizzera e quel caldo non lo ha mai sperimentato. Si è allenata e molto bene - solo un anno prima, sempre negli USA, ha vinto la Two Cities Marathon, da Minneapolis a Saint Paul, con un percorso che ricordava tanto quelli del suo paese natìo, tra boschi, laghi e cascate. Niente di tutto questo, stavolta: solo un percorso che più urbano non si può, poche zone di ombra, asfalto e cemento ovunque. Il suo allenatore la incita, “stai in scia di quella davanti”, le dice.
Quella davanti è Joan Benoit, già detentrice del record mondiale, che si distacca però ben presto: va in solitaria, allunga, arriva allo stadio e sembra che la sua fatica scompaia. In 2 ore, 24 minuti e 52 secondi, vince la maratona femminile entrando di diritto nella storia, con un enorme distacco dal resto del gruppo.
In quel gruppo c’è Gabriela, che arranca, ma ci vuole provare. Arriva al cartello degli ultimi 5km, e non si capisce se lo interpreti male o desideri semplicemente un posto nella storia: fatto sta che tenta uno strappo, tremendo, che il suo corpo, stremato dopo tante ore sotto il caldo asfissiante, non riesce a sorreggere. Gabriela vede nero, lo stomaco va in subbuglio, i suoni diventano lontani e ovattati: un colpo di calore dovuto alla disidratazione. Non ce la fa. In lontananza vede un tunnel: è quello dello stadio, ma in quel momento non pensa di poter arrivare al traguardo. Pensa solo che quel tunnel significhi ombra, refrigerio, un attimo di pausa dall’asfalto che si sta sciogliendo sotto i piedi. Ci arriva, lo supera, entra nello stadio olimpico, oramai clamorosamente fuori da ogni ambizione di medaglie e successo. Solo alla ricerca del limite di sé, dell’essenza dello sport.
I sette minuti che seguono sono i più drammatici e insieme i più olimpici della storia dello sport, e nessuna parola può descriverli bene quanto le immagini. Gabriela impiega quel tempo a percorrere solo cinquecento metri: lo fa con un’andatura penosa, involontaria, sgraziata, tragica. Con il braccio destro immobile, la mano sinistra che tiene il cappellino, le gambe rigide, la spalla sinistra protesa in avanti, un’oscillazione che sembra farla cadere da un momento all’altro: per questo si avvicinano i medici, ma il regolamento dice chiaramente che se un’atleta non richiede il loro intervento, non possono intervenire. Non si è mai visto un incedere così tragico insieme a un’espressione fenomenologica della volontà così evidente.
Ci sono settantamila persone sugli spalti, dapprima spaventate, e poi parte fondamentale di questa storia: sono loro ad aiutare Gabriela, battendo le mani all’unisono di fronte a quella estetica di dolore e perseveranza.
Si alzano in piedi, sostengono, qualcuno singhiozza, quasi dovessero correre loro: non si sa se Gabriela li abbia sentiti, l’unica cosa che dirà è che pensava solo ai dieci metri successivi, niente altro.
Dieci metri. Altri dieci. Altri dieci. A forza di dieci, con la spinta del pubblico in delirio - oramai in piedi per lei - della Benoit, che la incita con l’oro al collo, a forza di un’andatura caracollante che però non accetta mai e poi mai di terminare la sua storia, Gabriela taglia, epica, il traguardo. I medici possono accorrere, finalmente: la portano via, le attaccano le flebo, finalmente può svenire, per poi riprendersi qualche ora dopo.
Arriva trentasettesima, su quarantaquattro. Il più bel trentasettesimo posto della storia dello sport, un risultato in cui c’è tutto: c'è la determinazione che fa pugni con ostacoli che sembrano insormontabili, c’è l’intelletto che fa a botte con il sentimento, la volontà di prendere a calci le evidenze cliniche. C’è lo sport nella sua crudele purezza.
Pic of the week
La foto olimpica più bella secondo la redazione di Catenaccio
Parigi (Francia), 5 agosto 2024 - La ginnasta italiana Alice D'Amato, medaglia d'oro nella trave, durante un esercizio.
(Morry Gash / AP Photo)